Prima della pausa estiva ho lanciato un sondaggio per sondare le maggiori preoccupazioni che sentiamo riguardo al futuro per noi stessi e i nostri cari. La maggior parte di voi ritiene che la stabilità economica dei figli, le spese mediche, le basse pensioni costituiscano la principale nebulosa all’orizzonte: ciò che molti di noi guardano con aspettative fortemente dubitative per non dire negative. Sono dunque questi tre temi che dovremmo avere sempre al centro dei nostri obiettivi di pianificazione finanziaria. Credo che tutti e tre i temi siano collegati fra di loro, possono cioè essere affrontati nella stessa maniera con una corretta pianificazione finanziaria che tenga conto di un comune denominatore: “l’inflazione percepita”. Nel dibattito economico contemporaneo uno degli scollamenti più evidenti è quello tra l’inflazione misurata dagli istituti statistici e quella che i cittadini dichiarano di percepire nella loro esperienza quotidiana. A spiegare questo paradosso concorrono soprattutto il clima di incertezza generale - geopolitico, energetico e sociale – e l’elevata sensibilità dei consumatori verso alcune voci di spesa ad alta frequenza, come energia, generi alimentari e carburanti. Più l’ambiente economico appare instabile, più i cittadini avvertono come pesanti anche aumenti marginali. Tra i settori che maggiormente influenzano la percezione inflattiva, quelli legati all’abitazione occupano un ruolo centrale: bollette dell’acqua, luce, gas e combustibili. Questi beni, essendo essenziali e non rinviabili generano un effetto psicologico moltiplicativo sull’inflazione percepita e tutto ciò influenza direttamente i comportamenti di spesa. I consumatori che percepiscono una perdita significativa di potere di acquisto tendono a contrarre i consumi anticipando una riduzione del benessere futuro, anche se il dato ufficiale suggerisce una dinamica più contenuta. Per i cittadini italiani il senso di impoverimento è accentuato dal fatto che, al netto dell’inflazione reale, le retribuzioni contrattuali hanno perso valore. L’inflazione percepita non colpisce però tutti allo stesso modo. Ad esempio: sui beni essenziali come casa, bollette, carburanti gli over 55 percepiscono una inflazione più alta rispetto ai giovani sotto i 35 anni. Gli over 55 indicano l’energia come un fattore pesante nella propria economia domestica mentre scende per gli under 35. La distanza è ancora più ampia in ambiti come la sanità tra gli anziani rispetto ai giovani. L’inflazione percepita non colpisce solo in consumo, ma influenza fortemente anche le decisioni finanziarie individuali. Diversi studi dimostrano che quando gli individui percepiscono un’inflazione elevata comprano meno azioni e tendono a vendere quelle in portafoglio. Questo fenomeno si collega al cosiddetto money illusion, in cui anche un’inflazione percepita stimola spostamenti verso attivi ritenuti più sicuri, come obbligazioni, liquidità, oro. È stato inoltre dimostrato che l’ansia da inflazione percepita accentua bias cognitivi come l’effetto struzzo cioè la tendenza a evitare di controllare il proprio portafoglio per paura di scoprire perdite potenziali, e l’effetto disposizione cioè la tendenza a vendere troppo presto le attività in guadagno e a mantenere in portafoglio troppo a lungo quelle in perdita. La distanza fra inflazione reale e percepita è un elemento strutturale del comportamento economico moderno, monitorare l’inflazione percepita diventa fondamentale per anticipare i comportamenti delle famiglie e la tenuta dei consumi interni. Infine, per combattere l’inflazione “percepita” ed al tempo stesso attuare una strategia rivolta alla realizzazione dei nostri obiettivi di vita (pensione, stabilità economica dei figli, copertura spese sanitarie) è necessario attuare una corretta pianificazione includendo nel portafoglio strumenti che
